E’ stata ospitata presso la “sala della musica” del Castello di Monteu Roero, fino
al 19 maggio 2022, la copia autentica ottocentesca del trittico del Rocciamelone che,
nel 1358, il ricco mercante e guerriero astigiano, Bonifacio Roero, commissionò e
portò sulla montagna del Rocciamelone come voto alla Madonna.
Ora, grazie all’opera dell’Associazione Bel Monteu, è stata creata una copia in scala 1:1 della preziosa opera d’arte ed ha trovato collocazione definitiva presso i locali dello stesso maniero.
La storia e le leggende legate alla famosa opera d’arte sono state debitamente
illustrate dal Prof. Walter Accigliaro, esperto in storia dell’arte, durante la
presentazione dell’opera svoltasi, con notevole affluenza di pubblico, sabato 26 aprile
u.s.
Hanno fatto da cornice all’importante evento i canti del coro Stella Alpina di Alba,
diretto dal Maestro Giuseppe Tarabra che, con alcuni brani dedicati alla storia
dell’importante scultura, alle montagne piemontesi ed al culto Mariano, presentati
dal ricercatore Antonio Buccolo, hanno sancito alcuni punti salienti delle sue vicende,
legate alle scalate alpine ed all’importante montagna della Valle di Susa.
L’esposizione, unica nel territorio roerino, è stata resa possibile grazie alla
collaborazione sinergica dei volontari di Bel Monteu, il museo diocesano di Susa,
proprietario dell’opera, la Soprintendenza Archeologica belle arti e paesaggio di
Torino, del Museo diocesano di Alba e l’importante collaborazione di Don Valerio
Pennasso.
I lavori di preparazione e di riuscita dell’evento sono stati altresì resi possibile grazie
alla disponibilità delle Distillerie Berta – proprietaria del maniero, ai volontari del
gruppo di protezione Civile “proteggere insieme” capitanati da Roberto Cerrato, per
il trasferimento specialistico dell’opera e dall’associazione Italia Nostra di Alba.
La preziosa opera scultorea ha trovato la temporanea sistemazione, insieme ad idonei
tabelloni esplicativi appositamente predisposti dal Prof. Accigliaro stesso sulla base di
approfondite ricerche e testimonianze, presso i locali del Castello mai aperti al
pubblico.
La preziosa opera d’arte, misurata aperta, è larga 59 centimetri ed alta 55,
commissionata a Bruges da Bonifacio Roero, viene realizzata da un fiammingo nel
- Si tratta di un’elaborazione di pregio (incisa a bulino su bronzo dorato). E’ quindi
il milite Bonfacio Roero (o Rotario), con un gesto inusuale ed élitario considerando
l’epoca e la circostanza, nel 1358, secondo la storia, a salire personalmente sul monte
Rocciamelone in Valle di Susa (metri 3.538 s. l. m.) per portarvi l’opera devozionale e
la colloca in un piccolo antro scavato nella roccia (oggi inglobato nel rifugio/cappella
mariana a quota 2.800 metri), la località montuosa viene denominata “Ca’ d’Asti” a
ricordo delle origini dello stesso Bonifacio.
L’opera è composta da tre parti terminanti a cuspide. Quelle laterali sono unite da
quattro cerniere a quella centrale, più ampia. Così vi sono collegate le due più piccole
a forma di trapezio, che fungono da sportelli, in modo da rendere più agevole il
trasporto.
Un’epigrafe in lingua latina è incisa su due righe sovrapposte e continuative alla base
dei tre settori della pregevole opera in stile gotico. Traducendo in italiano, così recita:
“Qui mi ha portato Bonifacio Rotario, cittadino di Asti, in onore del Signore Nostro
Gesù Cristo e della Beata Maria Vergine, nell’anno del Signore 1358 il giorno 1° di
settembre”.
Nei rispettivi scomparti sono raffigurati: San Giorgio (a sinistra) a cavallo mentre
trafigge con la lancia il drago, la Madonna col Bambino (al centro) assisa su un
semplice sedile, probabilmente San Giovanni Battista (a destra) con le mani posate
sulle spalle di un milite inginocchiato, ovvero il Bonifacio Roero committente della
raffinata opera devozionale. Gesù Bambino con una mano tiene una sfera, simbolo
del mondo, con l’altra accarezza il mento della Madre.
Le superfici dove sono inserite le figure venerabili sono totalmente impegnate da fitti
motivi ornamentali di tipo vegetaliforme, compresi entro delimitazioni circolari. Tali
figure stanno entro rispettivi sottarchi. Questi sono visivamente segnalati da sottili
fasce di demarcazione intravedibili tra le decorazioni: a sesto acuto quelli laterali dei
Santi (di minori dimensioni), invece a tutto sesto quello centrale sopra al motivo
trilobato dov’è sottostante la Madonna col Bambino.
La preziosa opera è rimasta sul Rocciamelone fino al 1673, quando Giacomo Gagnor
di Novaretto, un uomo semplice seppur considerato un po’ pazzo, ritenendo di fare
un piacere al duca Carlo Emanuele II di Savoia, la trafuga e la trasporta fino al castello
di Rivoli dove villeggiava la corte sabauda. In seguito il trittico viene esposto nella
chiesa rivolese dei Padri Cappuccini. Poi, con un affollatissimo pellegrinaggio, è
riportato a Susa e custodito nella chiesa di S. Paolo, ora da tempo soppressa. Quindi
viene trasferito nella cattedrale di S. Giusto ed esposto sull’altare delle Reliquie. Però
dal 2000 è degnamente collocato nel Museo diocesano di Arte sacra di Susa.
Esistono due versioni leggendarie sulla motivazione che hanno spinto Bonifacio Roero
a compiere quell’operazione votiva:
la prima, si ricollega all’esilio fuori da Asti viscontea di Bonifacio, mercante e
soldato ghibellino, che nel 1348 trova rifugio presso dei parenti a Susa. La sua
speranza di rientrare in città riprende allorché il marchese Giovanni II di
Monferrato nel 1356 dichiara guerra ai Visconti e, in una prima fase bellica,
riesce a conquistarla. Però le truppe milanesi hanno una forte reazione, con
azioni di guerra condotte nel Basso Piemonte tra il 1357 ed il 1358.
Probabilmente è in questa fase bellica che il milite Bonifacio Roero fa voto a
Maria Vergine di portare un’immagine mariana sul Rocciamelone, se potrà
rientrare in città salvo e vittorioso. Nell’aprile 1358 è documentata la sua
presenza a Bruges nelle Fiandre, uno dei centri mercantili frequentati anche dai
Roero. Verosimilmente è lì che egli commissiona il trittico quale ex voto per
esaudire il favore concesso dalla Madonna.
la seconda versione narra che egli, «prigioniero dei Turchi, che gli impongono
la conversione o la morte», fa un’estrema promessa alla Madonna: cioè
collocare un’immagine mariana su quella montagna nel caso in cui fosse
liberato, senza sottostare a quell’imposizione e non venire ucciso. A seguito
della sua liberazione il nobile milite avrebbe adempiuto all’impegno ex voto.
Ad avvalorare la seconda versione ed a ricondurre le origini di Bonifacio Roero quale
consignore di Monteacuto (Monteu Roero) è il prezioso affresco seicentesco nel
castello (attribuito all’artista cheraschese Sebastiano Taricco, 1641-1710) sito nel
salotto, adiacente al salone con il camino cinquecentesco, un ampio affresco sulla
volta rappresentante una lussuosa, prospettica ornamentazione a finte colonne,
completata dalle figure delle quattro Virtù cardinali (temperanza, fortezza, prudenza
e giustizia) in rispettivi ambiti incorniciati. Nella parte centrale del dipinto l’illusoria
architettura si apre in una visione di cielo e nubi. Lì, secondo quanto scrive Carlo
Morra in un suo saggio edito nel 1974, «… la scena potrebbe raffigurare la protezione
della Vergine nella liberazione di Bonifacio Roero dalla prigionia degli infedeli durante
l’ultima crociata …». Questo avvenimento, si confà sulla motivazione che avrebbe
spinto Bonifacio a compiere quell’operazione votiva.
Tale Bonifacio Roero, elencato dallo studioso Renato Fresia (I Roero, 1995) nella linea
signorile di Monteu, risulta pertanto coincidere per arco temporale e periodo di vita
allo stesso Cavaliere del Rocciamelone. Dal suo prezioso testamento ritrovato nei
documenti storici presenti nel maniero, redatto il 6 agosto 1382 (24 anni dopo la
scalata alpina) compare palesemente la sua devozione cristiana che lo può ricondurre
chiaramente all’originale gesto adorativo verso la Madonna.